Può la scuola diventare fonte di disagio?
La risposta è sì, può diventarlo, quando essa soffoca l'aspirazione dei giovani all'affermazione personale ed alla propria realizzazione; quando mortifica ed offende la loro dignità; quando svolge un'educazione libresca e totalmente slegata dalla realtà, dal mondo della produzione e dalla sfera dei fini; quando non crea spazi associativi per gli studenti; quando è poco interessante, non coinvolge e non viene coinvolta dalle idee di cui i giovani sono portatori; quando senza motivazione ordina e reprime.
Ma essa può generare disagio anche se, dimenticando di essere preparazione alla vita (o la vita stessa?), crea intorno agli adolescenti un'atmosfera ovattata e totalmente dissimile dalla società in cui viviamo; se non esercita alla consapevolezza ed al senso di responsabilità; se nel rapporto formativo annulla ogni ruolo e ritiene di poter abolire la categoria dello sforzo; se si adagia sui "desideri" giovanili e pensa che la libertà possa esistere senza regole; se asseconda o non sconfigge le autunnali vacanze, che con un benevolo eufemismo vengono chiamate "occupazioni".
E' vero che non si possono addossare alla scuola più responsabilità di quante non abbia.
Spesso la fonte del disagio dei giovani è da ricercarsi nelle famiglie, non sempre attente ed adeguate al processo di crescita dei ragazzi; nell'assenza o insufficienza di valori della nostra società; nell'uso distorto di un potente mezzo di comunicazione, qual è la televisione, spesso motivo di vera e propria diseducazione delle nuove generazione; nei messaggi fuorvianti che ci girano intorno e ci spingono alla ricerca del successo ad ogni costo, all'individualismo esasperato, al consumismo ed al materialismo, al libero mercimonio di tutto, compreso il nostro corpo e la nostra libertà.
In un contesto così complesso e difficile, la scuola non può fare molto. Il suo potere d'intervento formativo, però, esiste ed è affidato ad un'azione intelligente, trasversale, che crei un'atmosfera operativa in cui il giovane si senta coinvolto, sia partecipe ed attore. Occorre che ogni istituzione educativa eviti di soggiacere ai gusti, alle idee effimere di un momento, per leggerezza, per tentazione giovanilistica, per subalternità culturale. L'autonomia educativa della scuola deve caratterizzarsi come vero e proprio "contropotere culturale", che non assecondi le mode vigenti e conduca il processo formativo secondo un proprio progetto.
Per evitare i rischi di devianza, la scuola deve cercare le condizioni in cui l'adolescente possa trarre costanti soddisfazioni, aumenti il senso di appartenenza e l'autostima, si eserciti al coraggio. Non basta, perciò, puntare solo su contenitori culturali, ma si deve tendere ad una formazione più complessiva, che punti al rafforzamento dell'"Io". Solo un giovane con un "Io" forte potrà essere libero dalle suggestioni più perniciose, presenti nella nostra società